ASSORBIMENTO-ESPANSIONE
martedì, 28 dicembre 2010
Consideriamo
la fisica dei colori.
Si
sa che il colore bianco ha in sè tutti i colori e li riflette, li
espande e questa espansione fa vedere il bianco.
Contrariamente
il nero assorbe tutti i colori ma non li espande.
Ecco
a me piace vederla così la cosa, equiparandola anche al respiro e
cioè nella vita c'è una fase di assorbimento e un'altra di
espansione e cioè inspirazione ed espirazione.
In
un primo momento, la fase della coscienza ha bisogno di conoscere, di
assorbire e per questo deve appoggiarsi ad un'identità, un punto di
riferimento, come accatastare la conoscenza in un magazzino, poi,
fatto questo, ha bisogno di espanderla questa conoscenza, proprio
come il respiro che prima inspiri eppoi devi per forza espirare.
Nel
processo dell'assorbimento in cui occorre un'identità, a questa si
contrappone per forza la non-identità, quello che non è me e questa
la chiamiamo "mancanza", cioè quello che crediamo fuori di
noi e che non conosciamo.
Tutto
quello che è fuori di noi cerchiamo di metterlo nel nostro magazzino
e accumulare conoscenza, ma questa fase, come il colore nero che
assorbe solamente senza espandere, è la fase nera, è la fase oscura
e l'individuo ha la sua oscurità che chiama peccato o altro.
Alla
fine di questa fase, una volta integrato il tutto, viene la fase
dell'espansione.
Queste
due fasi mi piace anche accostarlo alla "vecchia" e alla
"nuova" energia, cioè nella vecchia energia abbiamo
assorbito in noi, infatti in qualche canalizzazione mi pare si
parlasse che la vecchia energia fosse vibrazionale o magnetica, ma la
nuova energia è espansionistica.
Ora,
in questa nuova energia si entra nell'espansione, nella coscienza di
avere assorbito quello che dovevamo ed ora dobbiamo espanderla.
La
ricerca di perfezione, la soluzione, il sentirsi degni o indegni sono
cose che limitano, circoscrivono, mentre noi siamo proiettati
all'infinito e nell'infinito c'è scoperta continua.
Ogni volta che vogliamo risolvere un accaduto o cambiare il nostro carattere, noi rimaniamo nel limitato, ci giriamo nell'individualità e non permettiamo l'espansione.
L'espansione è non risolvere niente, altrimenti circoscriviamo, chiudiamo; l'espansione è lasciare tutto aperto senza colpe, perchè non esistono colpe, non esiste il giusto e lo sbagliato. Se accettiamo l'uno o l'altro, rimaniamo nei loro limiti e non ci espandiamo. Lasciare tutto aperto, irrisolto vuol dire espandersi, vuol dire abbracciarli come esperienza totale, è uscire dal limitato ed espandersi all'illimitato.
La soluzione, la mèta, il fine, il risolvere, il catalogare sono forme di chiusura, come mettere dei paletti, dei limiti, un punto di arrivo e questo va bene nel finito, nel limitato, ma noi siamo infiniti e nell'infinito c'è espansione continua e quindi apertura continua senza soluzione, altrimenti siamo un limitato, un individuo chiuso proiettato all'infinito, cioè sarebbe "infinitamente limitato", invece con apertura senza delimitazioni, sarebbe veramente "infinito".
E' uscire dalla dualità, non dare più energia alla dualità, uscire dalla mente che analizza, cataloga, circoscrive.
La mente non lascia la presa finchè non ne è convinta, perchè essa ci protegge, non è un corpo estraneo, siamo noi stessi ed è solo quando comprende veramente il suo limite che molla la presa.
La mente soffre quando si sente indegna o incapace e vuole sempre risolvere la questione, invece non deve più risolvere niente, deve solo sentire tutto ciò senza più giudicarsi, solo così si apre all'infinito, alla scoperta continua di sè.
Ogni volta che vogliamo risolvere un accaduto o cambiare il nostro carattere, noi rimaniamo nel limitato, ci giriamo nell'individualità e non permettiamo l'espansione.
L'espansione è non risolvere niente, altrimenti circoscriviamo, chiudiamo; l'espansione è lasciare tutto aperto senza colpe, perchè non esistono colpe, non esiste il giusto e lo sbagliato. Se accettiamo l'uno o l'altro, rimaniamo nei loro limiti e non ci espandiamo. Lasciare tutto aperto, irrisolto vuol dire espandersi, vuol dire abbracciarli come esperienza totale, è uscire dal limitato ed espandersi all'illimitato.
La soluzione, la mèta, il fine, il risolvere, il catalogare sono forme di chiusura, come mettere dei paletti, dei limiti, un punto di arrivo e questo va bene nel finito, nel limitato, ma noi siamo infiniti e nell'infinito c'è espansione continua e quindi apertura continua senza soluzione, altrimenti siamo un limitato, un individuo chiuso proiettato all'infinito, cioè sarebbe "infinitamente limitato", invece con apertura senza delimitazioni, sarebbe veramente "infinito".
E' uscire dalla dualità, non dare più energia alla dualità, uscire dalla mente che analizza, cataloga, circoscrive.
La mente non lascia la presa finchè non ne è convinta, perchè essa ci protegge, non è un corpo estraneo, siamo noi stessi ed è solo quando comprende veramente il suo limite che molla la presa.
La mente soffre quando si sente indegna o incapace e vuole sempre risolvere la questione, invece non deve più risolvere niente, deve solo sentire tutto ciò senza più giudicarsi, solo così si apre all'infinito, alla scoperta continua di sè.
Adamus
parla dello Sha-Dhar, ossia dare vita alla vita, espandere la nostra
radianza e questo mi ricorda molto il “soffio vitale”, il
soffiare nel corpo di argilla e dare vita all'uomo.
Noi
siamo un “centro di coscienza”, espandiamo la nostra energia, la
nostra luminosità, la nostra ricchezza interiore, il nostro amore e
irraggiamo tutto intorno a noi per beneficiarne e farne beneficiare a
chi ancora non sa o non crede di essere Maestro di se stesso, di
essere un faro, una luce, un sole.
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