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WU-WEI

L'io si muove solo se ha un motivo per farlo; l'essere non ha bisogno del motivo per muoversi. L'essere non crea una causa per agire, mentre l'io, avendo un motivo, crea una causa e di conseguenza ne subisce poi l'effetto. Se anche la causa fosse buona, l'effetto non sempre sarà prolifico, perché probabilmente l'effetto tenderà a fargli capire che ha agito con il proprio io e non col suo essere, perciò la persona si avvicinerà sempre più all'agire senza agire, cioè non sarà più il suo io ad agire, ma lascerà che sia il suo essere a farlo. Questo mi ricorda il wu-wei taoista: " Colui che persegue la conoscenza viene di giorno in giorno aumentato colui che persegue il Tao viene di giorno in giorno diminuito e diminuisce ripetutamente finché giunge al non-agire non agisce e riesce in tutto per governare il mondo bisogna non-agire quando si agisce non si può governare il mondo" XLVIII Tao te king

LA CAUSA NON-CAUSA

  <<La Prima-Causa - antecedente al tempo, allo spazio, alla materia - deve essere necessariamente diversa da tutto quanto cade sotto la nostra attenzione nel mondo del finito, del limitato, del transitorio. Posso immaginare, che il rapporto che esiste fra questa Prima-Causa ed il causato, non è lo stesso che esiste fra causa ed effetto nello spazio-tempo. [...]  La Causa del Tutto, cioè la Prima-Causa, deve essere indipendente da tutto; non deve dipendere da alcunché, cioè deve essere la Prima-Causa-Increata, altrimenti dovrei spostare il mio esame fino a trovare la Causa esistita da sempre.>>  (Seduta dell'8 maggio 1975 - CF77) Dio, quindi, non può che essere la Prima Causa dove tutto si genera, ma una causa del tutto diversa dalla causa-effetto che conosciamo noi; è una causa che non ha una causa, infatti Dio E', Dio E' CIO' CHE E'. Nel relativo, diversamente, tutto ha una causa, una ragione, un motivo, tanto che ogni cosa è concatenata all'altra

COSCIENZA DI ESISTERE

 Si dice che, filosoficamente, qualunque cosa, per esistere, o ha una sua pur larvata coscienza d'essere oppure, se non ce l'ha, deve esservi qualcuno cosciente che la percepisce, altrimenti non esiste. Queste parole possono sembrare ovvie o insignificanti eppure non sono così scontate e hanno un loro aspetto interiore interessante. Noi sappiamo di esistere, abbiamo coscienza che esistiamo, però questa coscienza non sappiamo bene cos'è. Vediamo, sentiamo, parliamo, pensiamo e questo ci testimonia che viviamo, ma tutte queste cose sono solo espressioni della coscienza, non la coscienza vera e propria; è ciò che appare e non ciò che è. Rimanendo nel ciò che appare la nostra coscienza è labile, insicura, indecisa e inconsciamente cerca appoggi per esistere e anche  testimoni che avvallino la sua esistenza.  Ad esempio avere conoscenze, l'essere accettati, il farci notare, il sentirci considerati è una specie di testimonianza che cerchiamo dagli altri, come se gli altri ci

I PUNTI DI RIFERIMENTO DELL'IO

L'io ha bisogno di punti di riferimento, di qualcosa che lo determini e questi li cerca ovunque pur di continuare a sussistere. Anche le consapevolezze e la spiritualità possono diventare appoggi su cui aggrapparsi.  Cerca COLUI CHE E' come un punto di riferimento, ma CIO' CHE E' non è un punto di riferimento, perchè non ha riferimento alcuno, è ovunque, è come un vuoto in cui l'io non può aggrapparsi, nè definirsi, tuttavia se lo pone come obiettivo da raggiungere e l'obiettivo stesso diventa un punto di riferimento su cui appoggiarsi, perchè gli crea un ulteriore tempo futuro su cui sopravvivere.  Si propone di ricercare la mèta, ma forse, sotto sotto, non vorrebbe mai trovarla, perchè nel "cercare" lui continua a sussistere, invece nel trovarlo gli si paventa la morte; la morte dell'illusione. 

VITA

  VITA Cos'è la vita? Tutti sanno cos'è la vita, ma nessuno può definirla. Una foglia mossa dal vento, l'erba che cresce, il fuoco che divampa, l'udire di un suono sono le sue espressioni, ma non la vita in sé. Sentire il proprio corpo, il proprio respiro, anche queste sono solo sue espressioni. Posso analizzare al microscopio la materia, osservare le cellule, le particelle, gli atomi, ma anche queste sono solo sue espressioni, sue manifestazioni. Eppure io so di esistere, ma non posso arrivare alla sua sostanza per sapere cos'è; so che c'è, non altro. Non sapendo questo io mi identifico nel mio corpo e credo che sia questo a darmi la vita, ma, come ogni manifestazione, ha una sua nascita e una sua morte. La vita non muore, chi nascono e muoiono sono le sue manifestazioni. Queste nascono dalla sostanza vita e ritornano alla sostanza vita. La sostanza vita è Spirito, è Dio. Tutto è vita!  Ciò che si manifesta e ciò che non si manifesta. Io stesso sono vi

DALL'APPARENZA ALLA REALTA' - (libretto on-line di 36pg che si sfoglia come un libro)

LA VERA REALIZZAZIONE DI SE' (Video)

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COSA VUOL DIRE "ESSERE SE STESSI"

Spesso si sente dire che bisogna "essere se stessi", intendendo con questo che bisogna essere sinceri, seguire il proprio cuore cioè quello che uno sente dentro di sè, mostrare la verità di sè e questo è lodevole, però per essere veramente se stessi, a mio parere, bisogna anche capire "chi" è questo "essere" che noi rappresentiamo con la nostra esistenza. Noi lo sappiamo chi siamo veramente? Posso mostrarmi sincero, trasparente, rivelare le mie qualità oppure i miei difetti e quindi affermare di essere me stesso, ciononostante queste sono solo le qualità su cui io mi identifico, su cui identifico il mio essere o quello che credo di essere, ma non è il mio vero essere.  Qual è il mio vero essere? Qualsiasi persona si può descrivere come un uomo/donna, un ingegnere o un operaio, sposato/a con figli oppure scapolo/nubile oppure un tipo tranquillo o iroso, cioè con certe qualità ed altre no, ma tutte queste descrizioni sono gli attributi, non l'essere che

CONTEMPORANEITA' E NON-CONTEMPORANEITA' DEGLI ESSERI

Dal libro "Le grandi verità" (Cerchio Firenze 77): "... Lo stesso tempo e lo stesso spazio può essere diviso fra individui che hanno un sentire non analogo: essi non sono simultanei perché non entrano in comunione, tuttavia l'uno dei due può essere un sentire che, in qualità, contiene l'altro, essere cioè il risultato di comunioni di sentire analoghi all'altro. Eccettuati gli atomi di sentire, ogni sentire è composito e contiene, per ampiezza, per qualità, tutti i sentire di cui è centro ricettore. In lui sono contenute le vite degli esseri che manifestarono i sentire che li costituiscono; egli è tutti quegli esseri e nessuno di essi in particolare. ... Per quante creature possiamo incontrare incontreremo sempre noi stessi: una parte del nostro vero essere."  Ecco, noi sappiamo che non c'è un io che diviene, ma tanti sentire che sono, quindi, per quello che ho capito, ognuno di noi nella propria vita, come centro ricettore di tanti sentire che vanno

IL SENTIRE DI ESISTERE

(Premetto e tengo a precisare che quello che scrivo è frutto di mie interpretazioni e riflessioni, non hanno certo la pretesa di spiegare le parole dei Maestri del Cerchio Firenze 77).  I Maestri ci dicono: "Non c'è un io che sente, ma c'è il sentire" , tuttavia per noi sentire di esistere vuol dire "io" che sento di esistere. In questi termini noi releghiamo il "Sentire" a una nostra semplice sensazione e la persona diventa più importante del Sentire stesso, ma sopratutto sentiamo la vita come "staccata" da noi per diventare un semplice oggetto: Io (soggetto) sento (verbo) l'esistenza (oggetto). Il "sentire" invece è l'essere, e la stessa frase diventa: "essere l'esistenza". Da qui si può capire che "essere" e "vita" si identificano nel "sentire di esistere", mentre con "io sento l'esistenza" c'è un soggetto che non si identifica con la vita, per cu

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